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Scontro tra Silicon Valley e Hollywood sui diritti d’autore per l’AI

Redazione 13 Ottobre 2025
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Il recente lancio di Sora 2 ha riacceso il confronto tra tecnologia e intrattenimento: il modello permette di caricare video di persone reali e inserirle in ambienti generati dall’IA, completo di effetti sonori e dialoghi. Le demo circolate online — dal Michael Jackson sintetico che si scatta un selfie con Bryan Cranston a SpongeBob nello Studio Ovale — hanno dimostrato la potenza tecnica del sistema e il perimetro del problema, mostrando come l’AI generativa possa replicare volti e personaggi con sorprendente credibilità.

La reazione dell’industria e il nodo dell’opt-out

La risposta di Hollywood è stata immediata. Il punto critico è l’impostazione opt-out adottata da OpenAI, che presume il consenso all’uso dei materiali a meno che non venga esplicitamente negato. Questo rovescia la prassi del diritto d’autore, basata su un approccio opt-in che considera protetti i contenuti fino all’autorizzazione del titolare. Studio, agenzie e sindacati hanno espresso preoccupazione per il possibile impatto su licenze e compensi.

La Motion Picture Association, con il presidente Charles Rivkin, ha chiesto interventi “immediati e decisivi”; agenzie come WME hanno annunciato che i loro assistiti utilizzeranno massicciamente l’opt-out. Per gli addetti ai lavori la questione è semplice: non dovrebbero essere i titolari dei diritti a doversi attivare per impedire usi non autorizzati delle loro proprietà intellettuali. La tensione è alimentata anche da episodi precedenti, come il caso della figura generata dall’IA nota come Tilly Norwood, che aveva sollevato allarmi tra i rappresentanti degli attori.

Il presidente della Motion Picture Association, Charles Rivkin

La posizione di OpenAI e le proposte di collaborazione

Da parte sua OpenAI cerca di spostare il dibattito verso la collaborazione commerciale: Varun Shetty, vicepresidente delle partnership media, ha descritto Sora 2 come un’opportunità per nuovi modi di ingaggio con i fan. Dopo le critiche, Sam Altman ha promesso controlli più granulari e meccanismi di compensazione, mentre l’azienda dichiara di aver introdotto salvaguardie per bloccare l’uso di personaggi noti. Tuttavia, molti stakeholder ritengono queste misure insufficienti se non accompagnate da garanzie contrattuali e tecniche verificabili.

Gli esperti legali ricordano che chi utilizza materiale protetto da copyright lo fa “a proprio rischio”: oltre al copyright entrano in gioco diritti di immagine, diritti sulla voce, marchi, accordi di esclusiva e clausole sindacali. La multiplicazione delle fonti di rischio legale complica l’adozione diffusa di strumenti generativi in ambito professionale, dove processi di clearance e contratti stratificati sono la norma per tutelare investimenti e reputazione.

Implicazioni economiche e negoziali

Se un sistema consente di generare contenuti audiovisivi credibili con persone riconoscibili, cambia il potere negoziale tra chi detiene gli IP e chi costruisce piattaforme generative. Studios e produttori temono erosione della base economica del settore: la possibilità di replicare volti e voci riduce la necessità di licenze tradizionali e compensi. Già oggi sono in corso cause contro società di AI e cresce l’interesse per licenze su misura, dinamiche e legate all’uso effettivo invece di tariffe fisse.

La transizione verso modelli contrattuali innovativi appare inevitabile: si esplorano accordi basati su metriche di utilizzo, revenue share e clausole revocabili, che permettano di monetizzare l’uso dei personaggi senza compromettere i diritti degli interpreti. Senza tali strumenti, l’adozione industriale di piattaforme come Sora 2 rischia di restare limitata per timori reputazionali e di compliance normativa.

Sam Altman, amministratore delegato di OpenAI

Sicurezze tecniche e processi di compliance

Per rendere compatibile l’AI generativa con il mercato dei contenuti servono salvaguardie tecniche integrate nel prodotto: inventari tracciabili delle fonti, registri di consensi e opposizioni, blocchi preventivi su nomi, volti e personaggi sensibili e flussi di revisione umana per i casi potenzialmente problematici. Questi elementi aiutano a spostare l’onere della prova e a ridurre il rischio legale per chi produce e distribuisce contenuti, rendendo più trasparente la provenienza dei materiali usati per l’addestramento e la generazione.

In aggiunta, è fondamentale che i produttori di piattaforme implementino controlli di safety tarati sui singoli mercati locali, oltre a procedure di escalation per i casi di possibile violazione dei diritti: in assenza di questi meccanismi l’adozione rimarrà frammentata e soggetta a restrizioni imposte dai partner commerciali e dai regolatori.

Proposte per la gestione dei diritti e la monetizzazione

La gestione dei diritti deve essere nativa nell’architettura delle soluzioni generative: tecniche come il watermarking dei contenuti generati e l’inserimento di metadati di provenienza sono strumenti utili per ricondurre ogni asset alla sua fonte. Un logging dettagliato e immutabile consente audit e contenziosi, mentre modelli di monetizzazione basati su licenze granulari, revocabili e con metriche di utilizzo verificabili possono sostituire i modelli «all you can eat» che alimentano il conflitto attuale.

Solo integrando questi aspetti tecnici e contrattuali si potrà evitare che l’innovazione bruci capitale legale e reputazionale: la tecnologia c’è, ma la sua scala commerciale dipenderà da come verranno negoziate architetture tecniche e contratti nei prossimi mesi. Il tema non è solo giuridico, ma strategico: riguarda chi controllerà la catena del valore del racconto visivo nell’era dell’IA.

 

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