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Perché Google e le sue TPU fanno paura adesso a Nvidia: la nuova fase della guerra dei chip AI

Redazione 2 Dicembre 2025
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Negli ultimi mesi la competizione nell’hardware per l’intelligenza artificiale è entrata in una fase nuova e molto più combattuta. Dopo l’esplosione dell’interesse per i grandi modelli linguistici e visuali, Google ha messo sul tavolo le sue Tensor Processing Units (TPU), suscitando preoccupazione tra gli investitori e tensione tra i leader del settore. Il lancio di Gemini 3, addestrato su TPU, ha dimostrato che non è più impensabile sviluppare modelli all’avanguardia fuori dall’ecosistema delle GPU Nvidia, e l’effetto sui mercati è stato immediato.

Fino a poco tempo fa Nvidia era considerata l’indiscussa regina dell’hardware AI: le sue GPU, come la serie Blackwell, hanno dominato sia il training sia l’inferenza dei modelli per la loro potenza e flessibilità. Tuttavia la proposta di Google di offrire le proprie TPU come alternativa scalabile nei data center cambia gli equilibri. Le notizie di trattative tra Google e grandi clienti come Meta hanno fatto oscillare il titolo Nvidia a Wall Street, perché mostrano che esistono percorsi alternativi validi per addestrare modelli avanzati.

La distinzione tecnica è cruciale per capire la portata della sfida. Le GPU sono processori generici ad architettura parallela, nati per la grafica ma adattatisi perfettamente al deep learning: sono versatili e capaci di gestire molti tipi diversi di calcolo. Le TPU, invece, sono ASIC (Application-Specific Integrated Circuits) progettati specificamente per operazioni di machine learning, in particolare per la moltiplicazione di matrici che sta al cuore delle reti neurali. Questo design mirato consente maggiore efficienza energetica per carichi AI specifici a scapito della versatilità.

Detto in modo pratico, una TPU può offrire un rapporto prestazioni/consumo superiore quando l’obiettivo è addestrare o eseguire inferenze con reti neurali massive, mentre una GPU rimane la scelta migliore quando serve flessibilità o supporto a una vasta libreria di tool e framework. Questa differenza diventa critica in data center dove il costo e la disponibilità dell’energia sono fattori limitanti.

Le TPU non sono una trovata recente: Google le sviluppa internamente da oltre dieci anni per migliorare prodotti come il motore di ricerca, Maps e Translate. Inizialmente erano un’arma segreta accessibile soprattutto attraverso Google Cloud; oggi, con la settima generazione, chiamata Ironwood, la tecnologia ha raggiunto maturità tale da coprire sia l’ inference sia il training. Il cambio di passo commerciale — offrire TPU come infrastruttura ai partner — rappresenta una svolta che può erodere il monopolio hardware consolidato da Nvidia.

Un fattore chiave della pressione su Nvidia è economico: le GPU top-end sono estremamente potenti ma anche costose e molto energivore. In un mercato dove la domanda di calcolo cresce più rapidamente della capacità di generare energia, l’efficienza diventa una risorsa strategica. Le TPU promettono consumi inferiori per carichi ML specifici, riducendo costi operativi e tempi di attesa dovuti a code per acquire hardware. Questo aspetto può convincere grandi realtà a diversificare le proprie scelte infrastrutturali.

Google non è l’unico a giocare questa partita. Giganti come Amazon (con Trainium e Inferentia), Microsoft (con progetti interni come Maia), Intel, AMD e persino consorzi come quello di OpenAI e Broadcom esplorano soluzioni proprietarie. In Cina, Huawei avanza con la famiglia di chip Ascend. Tuttavia la combinazione di scala, integrazione software e esperienza operativa rende le TPU di Google particolarmente pericolose per Nvidia in tempi rapidi.

 

Nonostante le minacce, Nvidia conserva due vantaggi significativi. Il primo è la versatilità delle sue GPU, impiegabili ovunque: cloud, on-premise ed edge. Il secondo è il dominio software: CUDA è lo standard de facto per lo sviluppo AI da quasi vent’anni, con milioni di sviluppatori e vasti ecosistemi costruiti attorno a quella piattaforma. La transizione verso alternative richiede tempo, investimenti e migrazione di toolchain, elementi che giocano a favore di Nvidia.

La risposta pubblica di Nvidia è stata composta ma decisa: riconoscimento dei progressi altrui ma ribadita leadership tecnica e di piattaforma. Da parte dei clienti, invece, la tendenza sarà probabilmente alla diversificazione: evitare di essere legati a un singolo fornitore, ottimizzare costi energetici e ridurre tempi di attesa per l’hardware più richiesto. Nei prossimi trimestri sarà importante monitorare l’adozione di TPU da parte di grandi gruppi come Meta o aziende cloud, così come l’evoluzione dei costi energetici e delle politiche di investimento in infrastrutture AI.

La competizione tra Google e Nvidia non è una semplice gara di numeri sui benchmark: è una sfida che coinvolge hardware, software, efficienza energetica, supply chain e strategie commerciali. Le TPU dimostrano che esistono alternative reali alle GPU per certi tipi di carichi di lavoro, e questo può ridisegnare parte del mercato dei data center. Per gli osservatori e gli investitori italiani conviene seguire con attenzione due variabili: l’adozione reale delle TPU da parte dei grandi clienti e la capacità di Nvidia di mantenere il suo ecosistema software come standard indiscusso.

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