
Negli ultimi mesi, un fenomeno di crescente interesse sta scuotendo il mondo dell’editoria digitale: il drastico calo del traffico sui siti degli editori indipendenti, riconducibile all’uso dei riassunti generati dall’intelligenza artificiale di Google, conosciuta come AI Overview. Questa funzione, lanciata ufficialmente in Italia a marzo, appare sempre in cima ai risultati di ricerca e propone sintesi immediate delle informazioni richieste dagli utenti, determinando così una complessa dinamica tra motori di ricerca e produttori di contenuti.
La Independent Publishers Alliance, una coalizione di editori indipendenti con base nel Regno Unito, ha formalmente presentato un esposto alla Commissione Europea e alla Competition and Markets Authority britannica, denunciando presunti abusi di posizione dominante da parte di Google. Secondo questa alleanza, infatti, la funzione AI Overview sta causando danni significativi in termini di riduzione del traffico web, perdita di lettori e conseguenti cali di fatturato per chi crea contenuti originali online.
Nel documento presentato, gli editori lamentano di non poter scegliere se i propri materiali vengano usati sia per addestrare i modelli linguistici di Google sia per essere sintetizzati nei riassunti AI, senza compromettere la loro presenza nei risultati tradizionali di ricerca. Tale condotta è percepita come una forma di ricatto digitale, che mette gli editori in una posizione di svantaggio rispetto al gigante tecnologico.
Oltre all’Independent Publishers Alliance, anche altre organizzazioni non profit come Movement for an Open Web e Foxglove hanno sottoscritto la denuncia, evidenziando come questa problematica abbia ormai trascinato il giornalismo indipendente davanti a una vera e propria minaccia esistenziale. Già a febbraio, una piattaforma educativa statunitense, Chegg, aveva fatto sentire la propria voce denunciando effetti penalizzanti simili causati dall’AI Overview.
Le posizioni contrapposte: Google risponde alle accuse
Dal lato opposto, Google rigetta con fermezza tali accuse. La multinazionale sostiene che le nuove applicazioni AI nella ricerca permettono agli utenti di effettuare un numero ancora più ampio di domande, aprendo nuovi orizzonti di scoperta di contenuti e opportunità commerciali. Inoltre, Big G sottolinea la difficoltà nel tracciare un legame diretto tra l’utilizzo di AI Overview e il calo del traffico, indicando altri possibili fattori quali la stagionalità delle ricerche, i cambiamenti nei gusti degli utenti e gli aggiornamenti ciclici degli algoritmi di ricerca.
Questa controversia pone quindi sotto i riflettori l’importanza di un equilibrio sostenibile tra innovazione tecnologica e tutela degli editori digitali. La decisione finale spetta ora alle autorità europee, chiamate a valutare attentamente se le pratiche attuali di Google ledano realmente la concorrenza e il mercato dell’informazione indipendente.
L’esperienza comune di trovare risposte immediate attraverso i riassunti AI rischia di svuotare di visitatori le pagine web originali, compromettendo il modello di business di molti editori indipendenti. Questa situazione mette in luce la necessità di regolamentazioni precise che tutelino la produzione di contenuti e promuovano un ecosistema digitale più equo.
Nel frattempo, gli editori e le organizzazioni coinvolte continuano a sollecitare Bruxelles affinché intervenga rapidamente, garantendo che il giornalismo libero e indipendente possa vivere senza dover rinunciare alla propria visibilità online. La posta in gioco è alta, perché riguarda non solo i numeri del traffico web, ma la qualità e diversità dell’informazione a disposizione di tutti gli utenti.