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Studio del MIT: l’uso dell’intelligenza artificiale riduce l’attività cerebrale e la capacità di memorizzazione

Redazione 25 Giugno 2025
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Secondo un recente studio condotto dal Massachusetts Institute of Technology (MIT), l’utilizzo frequente e intenso dei chatbot di intelligenza artificiale durante la stesura di testi scritti può comportare una significativa riduzione dell’attività cerebrale e un decremento della capacità di memorizzazione. Questa ricerca rappresenta un importante passo verso la comprensione degli effetti cognitivi dell’interazione con modelli avanzati di AI come il GPT-4 di OpenAI, ormai sempre più presenti nella vita quotidiana, soprattutto in ambito educativo e professionale.

La metodologia dello studio

Il team di ricerca guidato dalla dottoressa Nataliya Kosmyna ha coinvolto diversi studenti sottoponendoli ad un elettroencefalogramma (EEG) durante l’esercizio di scrittura di un saggio della durata di venti minuti. Gli studenti sono stati suddivisi in tre gruppi distinti a seconda degli strumenti messi a loro disposizione: un gruppo ha scritto senza alcun supporto esterno, un secondo ha potuto utilizzare solo un motore di ricerca, mentre un terzo si è affidato all’assistenza di un chatbot basato su GPT-4.

I risultati preliminari, ancora in attesa di revisione paritaria, hanno evidenziato che gli individui che hanno utilizzato il modello di AI hanno mostrato una attività cerebrale sistematicamente ridotta rispetto agli altri gruppi. Questo dato è stato riscontrato analizzando sia le onde cerebrali complessive sia un parametro particolarmente rilevante: il carico cognitivo.

Carico cognitivo e connettività neurale

Il carico cognitivo indica l’intensità dell’elaborazione mentale e viene misurato attraverso metodi sofisticati come la Dynamic Directed Transfer Function (dDTF), che valuta il flusso di informazioni tra diverse aree del cervello. I dati hanno dimostrato che chi scriveva affidandosi solo alle proprie capacità cognitive mostrava una maggiore connettività neurale. Al contrario, l’uso del motore di ricerca ha ridotto questa connettività tra il 34% e il 48%, mentre il gruppo assistito dall’AI ha presentato una diminuzione fino al 55%.

Questi risultati suggeriscono che l’affidamento all’intelligenza artificiale nei processi creativi e di scrittura porta ad un minore impegno cognitivo. Di fatto, il cervello sembra lavorare meno intensamente quando si utilizza un chatbot per produrre un testo, con ripercussioni potenziali sull’apprendimento e sulla profondità della memorizzazione.

Implicazioni educative e sociali

Le conclusioni degli scienziati del MIT hanno importanti ricadute sul modo in cui la società concepisce l’apprendimento e le pratiche educative. La ricerca sottolinea una “probabile riduzione delle capacità di apprendimento” negli studenti che fanno uso intensivo di strumenti AI durante la fase iniziale dello studio. I partecipanti del gruppo assistito dall’AI hanno infatti ottenuto risultati inferiori rispetto al gruppo che si affidava esclusivamente al proprio cervello in tutti i livelli analizzati.

Il fenomeno delineato può essere interpretato come una codifica superficiale delle informazioni, con conseguente scarsa memorizzazione e diminuzione dello sviluppo del pensiero critico e dell’indipendenza intellettuale. Sebbene questi strumenti rappresentino risorse preziose per migliorare l’accesso all’informazione, il loro impatto sulle funzioni cognitive richiede un’attenta valutazione e ulteriori approfondimenti.

Il crescente utilizzo di tecnologie AI soprattutto da parte dei giovani negli ambienti scolastici solleva interrogativi sul futuro delle capacità cognitive collettive. Se da un lato chatbot e modelli linguistici offrono opportunità senza precedenti, dall’altro è fondamentale considerare che un uso indiscriminato può influenzare negativamente la capacità di apprendere in modo autonomo e approfondito.

Il documento finale raccomanda quindi un equilibrio nell’integrazione dell’AI nelle pratiche educative, promuovendo sia l’innovazione che lo sviluppo sostenibile delle capacità mentali individuali. È essenziale che insegnanti, genitori e policy maker riflettano sull’impatto di tali tecnologie e sviluppino strategie mirate a preservare il pensiero critico e la memoria attiva, pilastri fondamentali per una formazione efficace.

 

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